di Alberto P. Schieppati
E’ vero. Si fa un gran parlare dell’importanza della “sala”, ma la cucina è sempre, ancora, la protagonista mediatica della scena. Fa giustamente notare Nicola Dell’Agnolo, restaurant manager del Luogo di Aimo & Nadia, in un recente intervento sui social, che “sulla stampa specializzata, non c’è una sola foto di un ragazzo di sala, di un sommelier o di un maitre”. A favore di chef e cucinieri che occupano la scena. E aggiunge: “…non voglio fare alcuna polemica, ma poi non venitemi a dire che la sala conta come la cucina, c’è pure chi dice che la sala è il 51% e la cucina il 49”. Non possiamo dare torto a Nicola. Forse è in virtù di questa considerazione condivisa che, anche noi di Artù, da sempre tradizionalmente vicini alla cucina, abbiamo dedicato un convegno proprio alla sala, lo scorso ottobre a Milano. E al tema della ristorazione ragionevole. Il prossimo novembre, tanto per non smentirci, la “Passione” sarà l’argomento del nostro secondo Forum degli Stati generali dell’offerta, che si terrà all’Hotel Melià di Milano, retto da un professionista del calibro di Palmiro Noschese, che ha sempre fatto della sala e della sua armonizzazione il proprio focus. Affronteremo, con testimonianze dirette, il grande tema della passione, valore necessario all’affermazione e al successo della propria attività: un fattore indispensabile, visto che è proprio la passione “a muovere le cose”: fa superare ostacoli e difficoltà, mettendo sempre al primo posto l’aspetto umano, ovvero la capacità e la forza di non tirarsi mai indietro e di mettere “il cuore oltre l’ostacolo”. Senza passione, il lavoro si ridurrebbe all’applicazione di un banale, ripetitivo, mansionario quotidiano, un rito quasi obbligato, da esercitare senza entusiasmo, senza empatia, senza piacere. E, soprattutto, senza alcuna motivazione. Ricordo gli illustri interventi, su questo ed altri temi legati all’empatia, di Antonio Santini, di Tany Nardi, di Marco Reitano, di Valerio Beltrami, di Alberto Tasinato, di Nicola Ultimo, di Carlo Pierato, dello stesso Nicola Dell’Agnolo. E ricordo le parole di Oscar Cavallera: “La sinergia fra cucina e sala, diceva, si costruisce attraverso tre parole, tre concetti fondamentali: rispetto, conoscenza e obiettivi”. Sì, sono questi i valori a cui dobbiamo ispirarci: prima ancora di mettere il business al centro delle strategie, è necessario pensare innanzitutto a rafforzare la sensibilità e le conoscenze, lavorando –come ama ripetere Pierato- sui concetti di assertività e rispetto del cliente”. Un recente viaggio in Giappone, sul quale tornerò nei prossimi numeri con report ad hoc, mi ha dato l’opportunità di riscoprire l’importanza dell’educazione, del rispetto, dell’attenzione verso il cliente. Noi spesso ci riempiamo la bocca di questi valori, ma sembrano più argomenti di conversazione, trattati -durante convegni e seminari- per mettersi a posto la coscienza più che per assimilarli concretamente e renderli oggetto di studio e formazione. C’è ancora un gran lavoro da fare, per potersi permettere di definirci “grande paese turistico”. Non basta, infatti, avere le potenzialità se non le si sanno sviluppare. Non basta avere i paesaggi se non ci sono le infrastrutture. Non basta avere grandi chef se il servizio è dilettantesco. Così come, al contrario, non ha senso curare all’inverosimile la sala a fronte di proposte di cucina mediocri. Credo che la nascita di BARtù, la rivista del pubblico esercizio italiano che allargherà i nostri contenuti anche al canale del Bar di qualità, possa dare un contributo importante a questo tema, al cosiddetto fattore umano. Senza rispetto, conoscenza, obiettivi, come dice Oscar, non andremo da nessuna parte.